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Utilizzo del mattone pieno nelle murature

 Negli ultimi decenni sono stati avviati a livello nazionale tentativi di unificazione delle dimensioni dei mattoni (generalmente variabili da città a città, sia pure di soli pochi centimetri) ma non sembra che tale obiettivo di normalizzazione e standardizzazione sia stato, di fatto, mai raggiunto; l’unico risultato concreto prodotto da tali iniziative è stato quello di aver introdotto un tipo aggiuntivo a quelli già esistenti – il cosiddetto mattone unificato – dalle dimensioni canoniche e modulari (5,5 x 12 x 25 cm).

Fino a qualche decennio fa per mattone pieno veniva inteso esclusivamente un mattone senza alcun foro; oggi vengono definiti “pieni” (o equivalenti pieni) anche prodotti più leggeri con modeste percentuali di foratura (fino al 15%) che dì fatto presentano analoghe caratteristiche di resistenza rispetto a quelli pieni, al punto da essere identificati con essi.

Com’è noto, oltre ai mattoni pieni, esiste, attualmente, un’ampia varietà di mattoni semipieni che si sono affermati in questi ultimi decenni nella formazione di murature – portanti o di semplice tamponamento – subendo un progressivo affinamento morfologico che ha riguardato la distribuzione e la forma dei fori, la loro distanza dai bordi, lo spessore dei setti ecc.

Secondo la vigente normativa si considerano semipieni i mattoni aventi una percentuale di foratura compresa fra il 15 e il 45% dell’area lorda della superficie del mattone perpendicolare alla direzione dei fori; questi ultimi sono, in genere, praticati con asse normale alla faccia maggiore del mattone (fascia o piatto) con dimensioni, forme e distribuzione variabili.

L’estrema “variabilità” dimensionale dei mattoni prodotti nelle diverse città italiane agli inizi del XX secolo è rilevabile attraverso i dati contenuti nel famoso Manuaie deli’archittetto (1905) di Daniele Donghi o nella più specifica memoria “Sulle dimensioni più razionali da darsi ai laterìzi comuni” di Achille Goffi, apparsa nel 1923 su Le industrie costruttive.

 Negli ultimi decenni sono stati avviati a livello nazionale tentativi di unificazione delle dimensioni A chi esamini attentamente tali dati non sfuggirà l’estrema varietà di dimensioni tra città di diverse regioni, ma anche fra città della stessa regione 0 addirittura all’interno del territorio di influenza di una stessa città; è evidente, spesso, la non rispettata correlazione fra la larghezza e la lunghezza dei mattoni che rappresentano, da sempre, le due dimensioni che più devono combinarsi fra loro nel momento della costituzione dei vari spessori di muro.

Quali le ragioni delle differenze dimensionali dei mattoni nelle diverse località?
Il Goffi ritiene che si tratti di misure che sono state ereditate e forse “alimentate” da speciali usi nelle singole regioni, ma non riesce a giustificare come ancora – quando oramai in tutte le nazioni europee più progredite industrialmente (Germania, Olanda ecc.) sono state adottate misure unificate – debbano continuare a sussistere in Italia non solo diverse tipologie di mattoni ma anche con dimensioni non correlate fra loro.

Al riguardo evidenzia: “Occorre infatti che le tre dimensioni non siano multiple fra loro, ma la dimensione minore, cioè lo spessore, moltiplicato per due ed aumentato di 1 cm, corrispondente al giunto di malta fra due mattoni, eguagli la larghezza cioè la dimensione media; allo stesso modo, quest’ultima, pure moltiplicata per due ed aumentata di un centimetro, dovrà corrispondere alla lunghezza del mattone.

 Ad esempio, supposto un mattone con uno spessore di 6 cm, dovrà la larghezza essere di 13 cm e la lunghezza di 27 cm affinché si possa ottenere l’interscambiabilità degli elementi, in tutte le giaciture e in tutte
le dimensioni, e la corrispondenza ed equidistanza dei corsi orizzontali.”

Soltanto dopo un ventennio sembra concretizzarsi, sia pur unicamente a livello normativo, quanto auspicato dal Goffi in termini di razionalizzazione ed unificazione dimensionale dei mattoni.

Nell’ottobre del 1941 l’Ente Nazionale per l’Unificazione dell’Industria (UNI) vara la norma UNI 1606 dal titolo Mattone pieno nazionale pubblicandone la relativa Tabella dove vengono fissate univocamente le dimensioni dei mattoni pieni in 5,5 x 12 x 25 cm.

In questa proposta di unificazione viene effettuata la distinzione dei mattoni pieni comuni e da paramano. Per i primi (che a loro volta si differenziano in mezzani e forti) si specifica il loro uso nella costruzione di muri destinati ad essere intonacati o rivestiti.

I mattoni paramano, invece, di regola sono usati per la
realizzazione di muri – o di altre opere ed elementi particolari – destinati a rimanere a vista.

 Nella tabella UNI 1606 vengono, inoltre, definite per la prima volta, in modo preciso, le tolleranze dimensionali ammissibili nella produzione dei mattoni, le caratteristiche di resistenza a compressione, al gelo e all’acqua; aspetti, questi, che verranno più volte ripresi, integrati, modificati nei successivi aggiornamenti normativi.

A distanza di un venticinquennio dalla pubblicazione della UNI 1606 viene emanata, nel 1965, una nuova tabella (la n. 5628) che sostituisce la precedente. In quest’ultima – dove viene mantenuta la distinzione fra mattoni comuni e da paramento – l’originario tipo unificato (5,5 x 12 X 25 cm) viene affiancato da due nuovi formati (6 x 11 x 22,5 cm; 6 x 13,5 X 27,5 cm) ed, inoltre, da un nuovo tipo di mattone a tre fori circolari (praticati, questi ultimi, nel senso parallelo allo spessore) ciascuno con area non superiore al 3% della superficie lorda della faccia del mattone stesso.

La scarsa diffusione dei mattoni unificati si rileva ancora nella situazione odierna dove continuano a prevalere, a livello nazionale e anche regionale, numerosi formati, derivanti da tradizioni locali, diversificati fra loro sia pur di soli pochi centimetri.

La produzione e il mondo della prassi costruttiva italiana sembrano, cosi, non aver accettato, pur nella razionalità delle proposte avanzate, i tentativi di unificazione tesi ad azzerare consolidate e secolari tradizioni; ciò forse, nel recente passato (anni ’50 e ’60), per quella sorta di lenta evoluzione tecnologica che ha contraddistinto il settore produttivo dei laterizi, mentre, negli ultimi due decenni, per la crescente richiesta di formati e tipi tradizionali di mattoni derivante
dalla consistente domanda espressa dal restauro dei monumenti, dal recupero delle preesistenze edilizie e, più recentemente, dalla filosofia della rivalorizzazione delle identità e culture locali. In questa sede ci soffermeremo in modo particolare sul mattone 14 x 28 sia di tipo Romano che di tipo Bolognese.

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